Non è un segreto che la distribuzione dei videogiochi Pc un tempo era molto più anarchica: non esistevano launcher, ma solo supporti fisici che creavano e gestivano i files di installazione nelle varie cartelle, le stesse erano spesso diverse per ogni singolo prodotto e gli uninstaller lasciavano residui nel disco e nel registro di sistema che, all’epoca, rendeva il computer sempre più lento, sempre più ingestibile, fino al salvifico Format C:.
Erano anche i tempi delle edicole, Internet era agli albori con proposte di servizi gratuiti che sembravano fantascienza (e spesso erano i fantomatici modem 28.8 che ci facevano navigare nel criptico web), ogni rivista includeva spesso giochi e demo, e con le demo potevi veramente fare disastri, considerando che il ricorso a varie assistenze era spesso l’unico modo di venirne fuori in caso di problemi, non essendoci una conoscenza condivisa delle dinamiche nefaste.
Nel tempo la situazione si è decisamente evoluta, si è pensato a un progresso verso una migliore organizzazione delle librerie di videogiochi, e man mano si è sviluppata l’idea di launcher, e da allora, per tanti anni, Microsoft ha cercato di imporre il suo peso nel tentativo di imbastire una sorta di Store inserito all’interno di Windows stesso, visto da molti addetti ai lavori come una prevaricazione della pluralità forza stessa del sistema operativo Microsoft, che veniva, tra le altre cose, dalla questione Yahoo e Internet Explorer, e non poteva certo rischiare l’apertura di un altro campo di contenzioso poichè l’antitrust sarebbe, per forza di cose, dovuto intervenire.
Steam nacque da un’esclusiva
Steam nacque dalla visione di un Ex Microsoft, Gabe Newell, che nel 1996 fondò Valve Corporation, una società specializzata nello sviluppo di videogiochi, che conquistò la ribalta al suo primo tentativo, nel 1998, con Half Life
, un titolo ancora oggi iconico, che insegnò all’industria del videogioco, probabilmente, l’arte della narrazione.
Il 12 settembre 2003 debuttò Steam, un rivoluzionario sistema di distribuzione videogiochi proprietario, con cui i titoli Valve furono inizialmente condivisi (con la versione su supporto ottico) e poi, con l’uscita di Half Life 2, vera e propria prima esclusiva dedicata a un launcher, fu obbligatorio, per poterci giocare, effettuare la registrazione dello stesso in Steam.
Molti, vuoi per i problemi di registrazione in una piattaforma immatura, vuoi per la spiacevole imposizione, si lamentarono vivacemente, un po’ come succede oggi giorno per alcune scelte perpetuate da Epic Games Store.
Ovviamente avere un prodotto dal tale peso rese Steam, in pochi mesi, appetibile non solo ai titoli Valve, che continuava lo sviluppo come software house direttamente, ma anche per altri publisher che videro nella struttura e nel modello nuovo una interessante prospettiva per affiancare le vendite fisiche (Cd) con quelle direttamente on-line.
A questo punto a Steam in un mercato, se si esclude il censurabile GWL (Games for Windows Live), completamente vergine, bastò continuare lo sviluppo della piattaforma, e a suon di successi (Portal, Portal 2, Half Life Ep One e Two, Counter Strike
) incrementare la base utenti, e sviluppare un modello di commissioni.
A tappe non proprio forzate ha portato nel 2007 una sorta di impostazione simil social network all’interno della piattaforma, nel 2008 introduce il Workshop che da la possibilità di creare contenuti insieme a Steam Cloud per i salvataggi on-line, nel 2012 per supportare successivamente Steam Link e Steam Machine è la volta di Big Pictures.
La genesi di Epic Games Store
Come Steam, Epic Games Store nacque da un successo, e il successo in questo caso si chiamò Fornite: evidenza resa palese dal fatto che lo stesso fu distribuito direttamente senza appoggiarsi a store esterni.
Era dunque lapalissiano l’indirizzo volto a scardinare il monopolio di Steam, non tanto perchè i titoli di Epic non potessero appoggiarsi sul launcher Valve, o altri simili (Gog, Uplay, Origin, ecc..), ma piuttosto perchè vuoi l’inflazione dei titoli spazzatura, vuoi per una questione di commissioni ritenute troppo onerose, vuoi per il supporto del gettito economico che proveniva appunto dal successo a livello software, resero la mossa rischiosa ma necessaria.
Quindi nel dicembre 2018, Epic Games Store divenne realtà, in una forma molto spoglia, con funzionalità di base, in versione Windows e in versione website, con pochissimi titoli al suo attivo.
L’accoglienza non fu calorosa, l’ambiente era agitato dal fatto che la fragmentazione ulteriore dei Launcher potesse rendere ancor più tediosa la fruizione dei videogiochi, e non avevano tutti i torti: EGS, però, si presentò come la sola alternativa credibile a Steam, non come strumento dedicato a titoli specifici (come Uplay, Origin) ma come mercato, dove fosse più conveniente presentare i propri prodotti a livello di sviluppo, trascurando in maniera maldestra l’user experience che pare sia stata lasciata in secondo piano.
Modelli di Business
La persistenza di un monopolio, diremmo quasi assoluto, in ambito Pc e distribuzione On-line, ha reso il setting di Steam consolidato, anche perchè in questa posizione puoi permetterti di dettare legge.
Tolti alcuni casi di piccoli distributori e programmi Steam Direct, questo è lo schema che Valve attualmente applica in rapporto alle commissioni richieste:
Fino a 10 milioni di dollari di vendite | Commissioni del 30% |
Tra i 10 milioni e 50 milioni | Commissioni del 25% |
Oltre i 50 milioni | Commissioni del 20% |
A queste cifre bisogna aggiungere i diritti che i vari fornitori di engine vantano, quali Crytek, Epic stessa (5% per Unreal Engine), Id Tech, ecc..
Non sembrano quindi cifre molto “rilassate”, frutto di un predominio che nel tempo ha creato certe frizioni che sono scaturite in un’evidente tendenza alla diversificazione.
Steam, comunque, a fronte di quanto chiede offre, senza ombra di dubbio, la piattaforma più completa.
Epic Games Store, invece, lega la sua migliore convenienza all’utilizzo dei suoi strumenti, e di fatto è un setting che riteniamo più intelligente e competitivo rispetto all’offerta Valve.
Esiste una unica percentuale, il 12%, indipendentemente dal successo del titolo e l’utilizzo e la pubblicazione su questa piattaforma di titoli mossi dall’Unreal Engine sarà gratuita, quindi non sale al 17% in quel caso (12 di base più 5 di commissione engine) ma resta garantito allo sviluppatore l’88% dei profitti.
Tutto questo ha portato molti developers a considerare la piattaforma di Epic come alternativa preferenziale, oltre ad aver permesso, grazie al minor rischio d’impresa, alcune conversioni che molto difficilmente, prima, avremmo potuto sperare per la nostra piattaforma, quali tutti i lavori di Quantic Dream.
Una guerra fatta di limiti e regalie
Tutto questo vantaggio di commissioni, però, non bastò ad Epic per scardinare, o almeno mettere in discussione, il monopolio di Steam, e anche altre piattaforme in crescita con modelli di vendita dalla grande popolarità, quali Origin e Gamepass, rischiavano di rendere l’iniziativa dei creatori di Fornite un reame senza sudditi.
Seguendo quindi uno schema più naturale all’ambiente console, che da anni convive con la forzata limitazione dell’eterogeneità dell’offerta, dovuta al bisogno di non vendere unicamente il software, ma fornire pretesti anche per dotarsi di uno specifico Hardware, Epic decise di stringere accordi di esclusiva con alcuni sviluppatori, un vincolo molto spesso temporale, in modo da obbligare i bramosi appassionati di alcune serie iconiche Pc, quale la saga Metro con l’ultimo capitolo Exodus (peraltro vetrina per il Ray Tracing) o l’ultimo lavoro di Remedy (gli autori di Max Payne) che con Control si sono sposati alla causa Epic con un bouquet da 9 milioni di dollari, a installare anche il launcher della casa di Fornite nel proprio computer.
Non bastasse questo, che è stato considerato dai più un tradimento e un anacronismo quasi culturale (sbagliando in realtà, visto che la prima fu Valve a usare questo espediente), sono stati artefici di una serie di regalie settimanali volte ad attrarre, insieme alle esclusive, sempre più giocatori: ne fu clamoroso esempio l’intera serie (o quasi) di Batman, titoli importanti quali Kingdom Come Deliverance, più recentemente War War Z e Just Case 4.
Si comprende come questa corsa alla necessità abbia ancor più infastidito i gamers che hanno imbastito una campagna d’odio volta a sminuire e detronizzare, sui suoi punti deboli, cioè le funzionalità, quello che Epic stava tentando di imbastire: ne è nata una consapevolezza nuova, quella dell’infrastruttura più importante dell’esperienza gaming stessa, e un generale timore che la fruizione di un titolo in un determinato launcher ne potesse costituire de facto un impoverimento, dell’esperienza prima, del substrato social-collezionismo poi.
Le conseguenze
Il valore intrinseco di un prodotto è in parte stabilito anche da una certa stabilità di prezzo, che ne rappresenta il tasso di sicurezza: è ovvio che un buon titolo non avrà bisogno, almeno nell’immediato, di tagli consistenti al suo valore, quando invece un videogioco mediocre (vedesi il primo periodo di Fallout 76) dovrà, per forza di cose, risultare più digeribile.
Ci sono però, prodotti, dove incide, appunto, più che un attestato di valore, la sicurezza di non vedersi il giorno dopo molto più scontati o, addirittura, regalati: questa incertezza del dono, ogni giovedì (giorno dei titoli gratuiti EGS), comporta che molti Indie, che vivono sui pochi euro dell’impegno finanziario che richiedono, magari di pregevole fattura, possano non venir considerati per due semplici ragioni: primariamente perchè anche 10 euro possono venire percepiti come somma altezzosa visto il mercato, in seconda istanza la mole di giochi donati non lascia spazio a esperienze, magari, più raffinate.
E’ quindi proprio verso questi prodotti che la guerra alla regalia provoca più danno, poichè anche Steam, con un catalogo, sicuramente, più inflazionato, deve necessariamente rispondere a sua volta, senza contare la pratica, consolidata, alle giornate di sconto che ormai caratterizzano da anni il ciclo festivo anche in ambito acquisti on-line.
Trova quindi poco spazio e una difficile valorizzazione quel lavoro passionale, a volte sperimentalista, altre volte artisticamente toccante, che l’impossibilità dei denari ispira diverse piccole società indie in quel sogno che i primi artefici del Pc Gaming avevano potuto cavalcare nei primi anni 90.
Diverse condivisioni
Emblematico è anche il diverso livello di condivisione dello sviluppo dei due Store, e anche da questo punto di vista, probabilmente, ci sono sorprese che pochi si aspettano: è vero che il livello di funzionalità di Steam forse non richiede più una direzione, avendo coperto diversi aspetti della user experience, dettando, ancora oggi, le regole del gioco.
Vedere però un Epic Game Store che condivide gli steps, condivide le priorità, e che fornisce uno specchietto chiaro e preciso di cosa verrà fatto, è sicuramente un inno a una maggiore trasparenza e possibilità, attraverso la critica dei propri utenti, di indirizzare meglio la propria offerta.
Certo è palese come la mancanza di un carrello (anche se in verità l’acquisto è solitamente del singolo gioco), di tutta la componente social, una certa mancanza di performance del launcher stesso e i problemi col cloud saving, evidenziano criticità su cui probabilmente si sarebbe dovuto investire di più.
Attraverso, però, la bacheca condivisa sappiamo che verranno introdotti, molto presto, gli Achievements, il supporto alle Mod, il rimborso automatico dei titoli non graditi tramite un click (entro i termini del contratto, prima bisognava contattare l’assistenza), modalità off-line.
Steam, di contro, predilige un approccio più perentorio, elitario, con uno sviluppo e una programmazione meno condivisa e stage di release con relativo change log, quindi si sa poco delle strategie sul lungo periodo: è anche vero che ha già raggiunto una certa maturità, anche se non è mai un bene sedersi sugli allori, è possibile che sia una scelta più che altro strategica.
Conclusioni
Siamo giunti al termine di questa panoramica sui due grandi player della distribuzione digitale di videogiochi Pc, quello che appare evidente è che qualsiasi alternativa a Steam fosse nata, l’esigenza di avere un antagonista era ormai scritta e scolpita, in un mercato che lo chiedeva a gran forza, per diventare esso stesso più competitivo, per aprire nuove possibilità e prerogative, per migliorare, tramite la concorrenza, lo stesso Steam che ha vissuto per troppo tempo come reale incontrastato in un regno monarchico.
Sicuramente EGS non sarà perfetto, sicuramente mancherà di funzionalità, sicuramente non è certo riuscirà nel suo intento (circondato dai servizi cloud e dagli abbonamenti tipo Game Pass) ma è pur vero che attualmente rappresenta, grazie alle sue esclusive, grazie ai suoi doni, che sono il veicolo per superare la sua adolescenza tecnologica, l’unica alternativa di mercato credibile e consolidata, in grado di dare fastidio a Valve.
Insomma, come diremmo al termine di una bella storia Marvel, “non è l’eroe che meritiamo, ma quello di cui abbiamo bisogno”