Sviluppatore: Capcom | Distributore: Capcom | Versione testata: PC | Costo: 59,99€ | Data rilascio: 07/05/2021 |
Negli ultimi anni Capcom non ha quasi sbagliato un colpo. Titoli come Resident Evil 7, Devil May Cry 5, Monster Hunter World e Resident Evil 2 Remake sono, e saranno per gli anni a venire, il simbolo di come la software house giapponese sia stata capace di reinventarsi e risollevarsi da un periodo non propriamente roseo, fatto di titoli come Resident Evil 5 e 6 che, al netto di vendite eccellenti, non hanno riscosso il favore della critica. Negli ultimi cinque anni, però, qualcosa è cambiato, e Capcom si è rapidamente guadagnata il soprannome di Capgod, in nome della qualità dei titoli sfornati recentemente. Resident Evil Village, annunciato nel corso del 2020, si è proposto fin da subito come un titolo potenzialmente molto controverso, con una forte ispirazione al blasonato quarto capitolo ed un setting che minacciava di scontentare molti dei fan più accaniti, i cosiddetti puristi del genere survival horror. Noi di PC Gaming Vault, però, non ci siamo lasciati scoraggiare dalle polemiche che il titolo ha ricevuto fin dalle prime fasi di sviluppo, che a ben vedere lasciano il tempo che trovano, e abbiamo affrontato quest’avventura per poter rispondere all’unica domanda che merita effettivamente una risposta: Resident Evil Village è un buon titolo, meritevole del nome che porta? Continuate a leggere, amici del Vault, e vi promettiamo che avrete le risposte che cercate.
Il calvario di un padre
Sono passati tre anni dagli eventi di Resident Evil 7. Ethan Winters e Mia Baker, dopo essere stati tratti in salvo dal loro incubo, conducono una vita tranquilla in un paese sperduto dell’Europa dell’est, in Romania. Tutto sembra andare per il meglio; il frutto del loro amore, la piccola Rose, è un amore di bambina, e nulla sembra poter sconvolgere la loro ritrovata felicità. Ma, come spesso accade, si tratta solo della calma prima della tempesta. Un gruppo armato irrompe in casa Winters, e Ethan si vede portar via ciò che ha di più caro nel giro di pochi momenti. Nella sua mente albergano solo due pensieri, due domande che non trovano risposta: perchè Chris Redfield ha ucciso Mia e rapito Rose? E dove si trova ora la bambina? Queste due domande lo porteranno ad intraprendere un viaggio nel quale esplorerà una sperduta località europea alla ricerca di sua figlia, un viaggio che lo porterà ad affrontare mostri terribili ed essere testimone dei peggiori orrori che la mente umana possa concepire. Il suo sarà un vero e proprio calvario, il calvario di un padre che ha un unico obiettivo: proteggere ciò che ha di più caro al mondo. A qualsiasi costo.
L’incipit della storia di Resident Evil Village è piuttosto classico, ispirato al canone del padre che cerca di salvare suo figlio, già visto in giochi come Silent Hill e Heavy Rain. Ma proprio a partire da questo incipit così banale, all’apparenza, si sviluppa una delle trame migliori che il franchise abbia conosciuto, fatta non soltanto del classico “uccido tutti per scappare da questo posto”, ma anche di una profondità maggiore, una casa dalle fondamenta solide e profonde, i cui mattoni sono l’ansia e la determinazione di un padre, Ethan Winters, disposto a tutto per salvare sua figlia Rosemary. Una casa che, una volta varcatane la soglia, ci porterà a scoprire cosa davvero si cela dietro al marcio di questo villaggio senza nome, e ci rivelerà come esso stesso sia l’epicentro di tutto, con collegamenti che vanno indietro fino al primo capitolo della serie e rispondendo a molte domande.
Un connubio perfetto
Così inizia l’epopea di Resident Evil Village, un’opera che in primo luogo è difficile perfino categorizzare. Ammesso e non concesso, certo, di voler dare a quest’opera un’etichetta. E’ un Survival Horror? E’ un gioco Action? O magari uno sparatutto in prima persona? La realtà è invero nel mezzo, perchè Capcom ha saputo prendere gli elementi migliori del franchise come fossero gli ingredienti di una ricetta prelibata e inarrivabile, e li hanno mescolati insieme per ottenere un prodotto finale che è capace di sorprendere, e riesce a farlo perchè non rimane mai uguale a sé stesso, ma è capace di variare, di mettersi in discussione, auto citarsi e contraddirsi istante dopo istante. Alla base c’è il tipo di gameplay che abbiamo imparato a conoscere con Resident Evil 7 ed il suo setting da horror in prima persona, al quale vanno ad aggiungersi elementi mutuati da altri capitoli del franchise.
A questo punto è però necessaria una chiarificazione: chi cerca in Village un approccio survival horror duro e puro come nel precedente capitolo, o come in Resident Evil 2 Remake, rimarrà scottato. Village pesca a piene mani dal passato e lo fa ispirandosi maggiormente a quella che possiamo definire l’epitome del cambiamento della serie, ovvero Resident Evil 4. A partire dal setting, nel quale ci ritroveremo ad avere il villaggio come hub centrale, dal quale di volta in volta si dirameranno le missioni principali alla ricerca dei quattro capifamiglia. Pur non essendo un open world, infatti, Village è capace di restituire al giocatore la sensazione di esplorare realmente l’insediamento, con tutte le sue beltà e brutture. Un’esplorazione che non risulta mai tediosa o fine a sé stessa, a causa delle tante attività collaterali che potremo decidere di intraprendere, che si tratti di cercare i tesori di cui la mappa è costellata o il cacciare gli animali sparsi per l’ambiente di gioco, ottenendo così la loro carne che potrà essere portata al mercante, il quale la utilizzerà per preparare delle ricette che aumenteranno i parametri di Ethan in maniera permanente.
Una volta che l’avremo incontrato potremo infatti rivendergli i tesori che avremo raccolto in giro nelle nostre esplorazioni, ricavandone così dei Lei, la valuta presente nel gioco, spendibili a loro volta per acquistare potenziamenti per le armi, ricette per il crafting e risorse di vario tipo, come ad esempio valigette per espandere il nostro inventario. E sarà necessario farlo ad un certo punto, perchè il nostro inventario sarà rappresentato da una valigetta, con una dimensione limitata, all’interno della quale potremo organizzare gli oggetti ruotandoli e spostandoli in un gioco di incastri che risulta spesso anche piuttosto divertente e che ci spingerà costantemente a mantenere l’inventario ordinato per poterci permettere di raccogliere quell’oggetto in più, oggetto che, magari, potrebbe rivelarsi vitale nei combattimenti che ci aspettano.
Ed è qui che, forse, possiamo introdurre quello che è uno dei pochi difetti di questo gioco. Il sistema di combattimento di Resident Evil Village spazia fra il meglio di due mondi. Il survivalismo più puro dei vecchi capitoli e l’azione più spinta introdotta dal quarto incontrano qui un connubio perfetto, alternando fasi di esplorazione più ragionata e carica di ansia e tensione ad altre dove il ritmo si fa più concitato e ci si ritrova a sparare come se non ci fosse un domani, soprattutto in virtù del fatto che i nemici, una volta uccisi, lasciano sempre cadere qualcosa, che siano tesori da rivendere al mercante o componenti per la creazione di munizioni e oggetti di cura.
I problemi, però, arrivano proprio quando si inizia a sparare, perchè per quanto lo shooting si riveli per lo più gratificante e ben gestito, bisogna segnalare che talvolta l’input di comando non viene letto abbastanza rapidamente dal gioco, mettendoci nella scomoda posizione di aver premuto il pulsante con il giusto tempismo, salvo poi vedere il nostro personaggio subire comunque l’attacco da parte del nemico di turno perchè quest’ultimo è stato più veloce di noi, lasciandoci la sensazione di aver subito un danno immeritatamente. E si tratta purtroppo di un difetto che non è mitigabile da una rimappatura dei controlli, perchè se è vero che giocando con mouse e tastiera è possibile creare mappature ad hoc secondo le nostre esigenze, utilizzando il controller saremo nella scomoda posizione di dover scegliere fra quattro preimpostazioni che non saranno in alcun modo personalizzabili, costringendoci a fare inevitabili sacrifici in tal senso. Un difetto da poco, forse, ma che in un gioco di questa caratura non può e non deve sussistere, e che purtroppo la serie si porta dietro fin dal settimo capitolo.
Sono inoltre presenti alcune sezioni sotto tono, che rappresentano una virata di stile incomprensibile, per chi scrive. Se è vero che gli scontri con i quattro capi famiglia sono tutti diversi gli uni dagli altri, e presentano situazioni e tattiche diversificate e ben studiate, bisogna purtroppo segnalare che non sempre l’asticella qualitativa è allo stesso livello del resto del gioco. Se aree come Castel Dimitrescu colpiscono per la loro atmosfera horror gotica e ambientazioni soffocanti e claustrofobiche, è pur vero che proseguendo nel gioco ci ritroveremo qualche volta ad avere a che fare con ambientazioni e situazioni che con Resident Evil non hanno molto a che fare. Ed è un peccato, perchè senza questo difetto, forse il più importante di cui parlare, non sarebbe stato un problema sorvolare su quanto elencato finora. A volte, purtroppo, si ha l’idea che gli stessi sviluppatori non siano del tutto sicuri sull’identità della loro stessa IP, e che quindi abbiano deciso di sperimentare un po’ troppo con soluzioni alternative in termini di ambientazione, situazioni e atmosfere.
E per quanto concerne la longevità? Amici del Vault, non dovete preoccuparvi, perchè Resident Evil Village è un titolo che saprà intrattenervi per moltissimo tempo. E non soltanto perchè una volta terminata la campagna principale avrete probabilmente voglia di farne una immediatamente dopo, ma perchè con la mole di cose da fare anche post trama avrete di che divertirvi. Una volta che avremo terminato il gioco sbloccheremo infatti il negozio degli extra, esattamente come succedeva in Resident Evil 3 Remake. Qui, tramite Punti Completamento acquisiti completando determinate sfide, potremo acquistare una quantità impressionante di extra come nuove armi, munizioni infinite, bozzetti e modelli dei personaggi. Ma il bonus più succoso è senza dubbio la modalità Mercenari, che ritorna qui dopo anni di assenza, e che ci permetterà non soltanto di mettere alla prova le nostre abilità, ma anche di sbloccare alcuni interessantissimi bonus, prolungando di diverse ore la longevità di questo titolo.
La potenza è nulla senza controllo
Processore | Ryzen 5 2600 3,4Ghz |
Scheda Grafica | AMD Radeon Sapphire 5700 Xt Nitro + |
Ram | G-Skill Trident Z 3000Mhz CL16 |
Hard Disk | WD Blue 1Tb M2 SSD |
Se c’è un comparto in cui Resident Evil Village rasenta la perfezione, questo è senza ombra di dubbio quello tecnico. Il RE Engine, del resto, è ormai famigerato per la sua resa visiva e la sua leggerezza, che consente anche a build meno performanti di potersi godere i giochi sui quali è costruito, ma con questo titolo Capcom è riuscita a spingere l’acceleratore in maniera sorprendente. Della sua capacità di rasentare il fotorealismo si è parlato molto, fin dai tempi di Resident Evil 7, e anche stavolta Re Engine non delude. Le ambientazioni che ci troveremo a visitare hanno un livello di dettaglio e cura mai visto nella serie. Perfino gli elementi più insignificanti hanno subito un lavoro che fa gridare al miracolo, consentendo al giocatore di immergersi completamente nell’esperienza. Esattamente come nei precedenti titoli sviluppati sul RE Engine, è presente un menu che permette una configurazione certosina della propria esperienza di gioco, sia tramite le singole opzioni che tramite pre impostazioni ad hoc, calibrate in modo che anche con pc poco potenti si possa far girare più che degnamente il titolo.
Nella nostra partita abbiamo impostato una risoluzione di 1920×1080, selezionando il preset di configurazione massima e disattivando la sincronizzazione verticale dello schermo, ed il risultato è stato a dir poco sorprendente. Tramite il software Radeon abbiamo infatti monitorato le prestazioni di gioco, e abbiamo potuto constatare come nel corso delle nostre partite il conteggio medio degli fps si aggirasse sempre attorno ai 200, spesso sfondando quella barriera fino ad arrivare a 220fps. Non sono sicuramente mancati i problemi, perchè il processore utilizzato per testare il titolo non era sicuramente in linea con i requisiti consigliati dagli sviluppatori, e questo ha significato assistere ad alcuni pesanti e piuttosto fastidiosi cali di frame rate in alcune specifiche occasioni, nelle quali lo schermo era letteralmente saturato di particellari e piccoli elementi a schermo. Si tratta sicuramente di casi isolati, ed è qualcosa che è sicuramente evitabile con un hardware un poco più performante, ma è comunque qualcosa che vale la pena riportare.
Il comparto audio è anch’esso pregevole, ma con qualche riserva in più. Se è vero com’è vero che le musiche e gli effetti sonori presenti all’interno di Resident Evil Village sono di pregevole fattura, purtroppo c’è un netto scivolone per quanto riguarda il doppiaggio, tanto quello anglofono quanto quello italiano. Quest’ultimo è purtroppo piagato da una prestazione attoriale non propriamente d’eccellenza, soprattutto per quanto riguarda la voce del protagonista, il che sorprende non poco dal momento che si tratta di un nome illustre del panorama italiano, ovvero Renato Novara, già doppiatore di personaggi amatissimo come Garrus Vakarian di Mass Effect ed Ezio Auditore in Assassin’s Creed 2 e Brotherhood.
Proprio lui è il punto più basso di questa produzione, dal momento che spesso non riesce a mettere la giusta enfasi nelle proprie linee di dialogo, dando più volte la sensazione di recitare la parte senza sapere nulla della scena che sta interpretando, mancando quindi di una resa più realistica. Discorso diverso invece per il comparto angolofono, dove tutti i personaggi hanno un accento americano. E se questo può andar bene per personaggi come Mia, Chris o lo stesso Ethan, è bene ricordare che il gioco è ambientato in Romania, e che la maggior parte dei personaggi sono autoctoni, e sentirli parlare con un accento straniero toglie moltissimo all’immersione del giocatore.
Conclusioni
Resident Evil Village non è un gioco perfetto. Non ci prova nemmeno ad esserlo, eppure anche così riesce nel proprio intento di regalare ai giocatori un’esperienza che non si vedeva da molto tempo all’interno del franchise. Nonostante sia estremamente derivativo, con molte delle proprie idee mutuate da Resident Evil 4, Resident Evil Village riesce nell’arduo compito di risollevare l’asticella qualitativa e di dare una nuova identità alla serie con un connubio perfetto fra action e survivalismo. Un titolo che, pur essendo esclusivamente in prima persona, ci sentiamo di consigliare caldamente anche ai non amanti di questa impostazione. (Chi scrive, a proposito, ha sempre detestato la prima persona nei videogiochi. N.d.r)