Il primo enunciato della legge di Moore recita: la complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi e quadruplica ogni 3 anni.
Questo non rappresenta propriamente un enunciato empirico la cui veridicità risulta esser assoluta ma ha il solo merito di esser stata una legge capace di leggere la progressione delle tecnologie e della potenza dei chip che, ad oggi, risulta esser messa in pericolo dal limite fisico del silicio che potrebbe impedire la miniaturizzazione dei transistor.
I transistor, per chi fosse poco avvezzo alla materia, sono meramente degli switch elettrici che permettono, come un interruttore, di far passare la corrente da una parte all’altra. Più transistor abbiamo e più porte logiche e combinazioni possiamo creare per ottenere una complessità di calcolo sempre maggiore.
Ad oggi, sulla maggior parte dei computer desktop posseduti dalla popolazione, troviamo processori i cui transistor sono a 14nm, 500 volte più piccoli di un globulo rosso.
Con i transistor che tendono a diventare sempre più piccoli e a raggiungere la grandezza di singoli atomi, diventa sempre più complesso direzionare gli elettroni (elettricità) e bloccare il loro passaggio all’interno delle porte logiche in quanto queste potrebbero esser superate mediante un processo che prende il nome di Quantum Tunneling.
Per non addentrarci in ambiti puramente fisici e scientifici, limitiamo la nostra considerazione nel dire che, con le soluzioni attualmente in uso, stavamo per raggiungere un limite fisico al progresso la cui unica soluzione visibile consisteva nel cambiare totalmente architetture e passare, in un futuro prossimo, ai computer quantici ricreando un nuovo ambiente informatico da studiare da zero dove l’unità di misura fondamentale non era più il bit (0-1) ma il Q-bit (il cui valore è 0 e 1 allo stesso tempo).
È dunque estremamente interessante vedere dove oggi sta procedendo la ricerca scientifica impegnata nel trovare una soluzione per far sì che il progresso scientifico possa andare avanti e la legge di Moore rivelarsi ancora una volta valida.
I ricercatori del MIT di Boston e della University of California di Berkeley e di TSMC hanno pubblicato uno studio su Nature in cui illustrano una soluzione a dir poco interessante nel quale si mostra il mondo del post-silicio.
Secondo i ricercatori è possibile miniaturizzare ancor di più i transistor facendo interfacciare materiali bidimensionali a componenti elettronici tradizionali.
Un’operazione estremamente complessa i cui test in passato hanno spesso dato esito negativo ma che ad oggi potrebbe realmente diventare realtà e non solo una semplice teoria.
Il segreto sembrerebbe risiedere nel Bismuto, semimetallo che permetterebbe un collegamento diretto con il materiale monostrato di cui parlavamo poco prima.
L’interfacciamento tra metalli e materiali semiconduttori produce infatti un fenomeno chiamato MIGS (metal-induced gap state) che porta alla formazione di una barriera Schottky, un fenomeno che inibisce il flusso dei portatori di carica. L’utilizzo di un semimetallo, le cui proprietà elettroniche rientrano tra quelle dei metalli e dei semiconduttori, unito ad un corretto allineamento energetico tra i due materiali, sembrerebbe almeno in teoria di poter eliminare il problema illustrato ad inizio articolo.
Questo processo potrebbe realmente portare a ridurre di diverse volte la lunghezza del canale portandola dai 5-10nm odierni, a una scala “subnanometrica”.
Per adesso rimane tutto nella teoria, non esistono chip dimostrativi ma le ricerche in ambito sembrano a dir poco promettenti. Noi del Vault terremo sicuramente d’occhio queste ricerche e vi aggiorneremo a riguardo!