Sviluppatore: | Distributore: | Versione testata: | Costo: | Data rilascio: |
Blue Twelve Studio | Annapurna Interactive | Steam | 26,99 euro | 19/07/2022 |
Quando all’inizio dello sviluppo, nel 2015, i due programmatori francesi Colas Koola e Vivien Mermet-Guyenet, menti e deus ex machina di Stray, pensarono il primo concept di gameplay felino, erano appena usciti dall’esperienza in Ubisoft Montpellier, e desideravano slegarsi dalle logiche di una grande multinazionale, per abbracciare la flessibilità e dinamicità di un progetto più indirizzato.
Nacque così il primo prototipo dell’allora embrionale HK Project (che poi successivamente cambiò denaminazione nell’attuale Stray “randagio”), che catturò immediatamente l’attenzione di Annapurna Interactive, che volle assicurarsi i diritti di pubblicazione di quello che non sembrava molto più che un esperimento, ma dalle eccezionali potenzialità.
Tralasciando le possibilità inedite di gameplay offerte dalla prospettiva che può avere un gatto, il nuovo Team di sviluppo composto nel 2017 da sole 5 figure che diventò Blue Twelve Studio, ha subito intravisto nell’ispirazione alla città cinese di Kowloon Walled City, lo scenario ideale per ambientare le vicende del nostro animale randagio, volendo comunque mantenere una certa personalità espressiva, creando quindi un particolare Mix di stili e generi.
Tale enclave (Kowloon Walled City), fatta di unità abitative particolarmente fitte, strade strette e un’estensione verticale rimarchevole, avrebbe offerto appigli e possibilità immense per dinamiche di Parkour che le due menti padri di Stray avevano architettato, peraltro prendendo spunto dai loro reali animali domestici (Murtaugh e Riggs) o da quelli di amici, volendo nel contempo sviluppare un prodotto ispirato e dal background interessante, ma anche rendere il giusto tributo e referenza alla figura del gatto in se.
Da tutto questo, da questo moto, forse quasi per gioco (ma questo non lo possiamo sapere) quello che fu uno scherzo si trasformò in un progetto artistico di pregevole fattura, con influenze evidenti riprese dalla serie Balde Runner, ma anche contaminazione quasi eretiche di sua maestà Half-Life, o, osiamo dire, Portal.
Andiamo ad analizzarlo insieme. Meow!
DAL BUCOLICO AL DESPOTICO
Eccoci li, raggomitolati in forma di gatto all’interno di quello che sembra una sezione di scolo, in un mondo dove la natura rigogliosa pare aver ripreso quegli spazi che l’industrializzazione aveva preteso di toglierle.
Non siamo soli, ma in compagnia di altri 3 nostri amici pelosi, con i quali vogliamo interagire, giocare, quasi a riprodurre una piccolissima società felina che possiamo chiamare gruppo, o forse osare di appellare come “casa“: decidiamo di avventurarci nell’arcadica terra inesplorata, uno dopo l’altro, sempre insieme, come una famiglia, alla ricerca forse di cibo, ma questo Stray non lo specifica.
E come ogni specchietto troppo bello per perdurare (soprattutto nei videogiochi), al nostro ennesimo salto su un tubo malconcio, lo stesso decide di cedere, facendoci precipitare, giù, sempre più in fondo, con i miagolii lamentosi dei nostri amici che, man mano, si fanno più tenui, più atoni, fino a scomparire del tutto.
Ci troviamo quindi soli, tristi, e in un mondo a noi ignoto, tetro, fatto di architetture possenti e vincolanti, ma stranamente sentiamo come un richiamo, non più uditivo ma visivo, che ci sta guidando, quasi che un’intelligenza antica voglia fornirci gli strumenti per ricongiungerci con i nostri, ormai lontani, parenti felini.
Questo è il presupposto narrativo di Stray: da subito si comprende che pur essendo un modo per incastrare un tutorial dentro una fase di gameplay effettiva, già ora la qualità raggiunta e l’interesse riscosso nel giocatore sono ottimi presupposti per risultare un titolo di qualità.
A livello contenutistico e come presentazione, la sensazione trasmessa è quella di essere “imprigionati“, dai muri possenti della città, dalla non conoscenza del perchè una società che ci viene detta ispirata a un’umanità ormai non più esistente, sia sopravvissuta sotto forma di automi dalla raffinata IA che fanno di tutto per riprodurre stili di vita il più possibili simili a quelli dei loro creatori.
Si accenna a un’epidemia, alla necessità di nascondersi nel sottosuolo, ma tutto il resto è fumoso e da scoprire man mano, benzina per il giocatore che ha la speranza di un chiarimento finale che non vi anticiperemo se vi sarà o meno.
Non mancheranno, ovviamente, antagonisti, che vanno dagli organici Zurk (con chiara ispirazione agli Headcrab di Half-life) temibili sia per il nostro gatto che per le entità robotiche senzienti, che le così dette “Sentinelle” che non hanno nulla a che vedere con quelle di Matrix, ma sono Robot programmati per mantenere l’ordine anche attraverso il reset dei circuiti (ma soprattutto dotate di un laser letale per noi).
L’interattività con il mondo circostante ci sarà garantita dal momento in cui incontreremo B-12 (chiaro riferimento ai Blue Twelve, software house che si è dedicata allo sviluppo di Stary), una unità artificiale che sarà lo strumento con cui potremo raccogliere oggetti, interagire con i Robot, Hackerare circuiti, ecc.. non dimentichiamoci, infatti, che interpreteremo le pelose vesti di un gatto.
Grazie proprio a questo espediente svilupperemo alleanze, verremo addirittura inseriti in un gruppo di ribelli, i così detti “oltreggiosi“, un piccolo manipolo di sognatori che desiderano raggiungere l’oltre, immaginato come un mare placido e spiagge dorate e che noi interpreteremo come un “ritorno a casa”.
LINEARITA’ CONVINCENTE
Stray non è un titolo dove potrete inventare molto. Prediligendo la narrazione sposa la linearità come paradigma, riuscendo nel contempo a offrire delle mini sezioni open world non troppo dispersive.
Questa sua ambiguità è, secondo noi, la formula vincente per consentire un ritmo adeguato all’azione per l’intera durata della sua avventura, stimata in circa 10 ore,
Per molti questo dato potrebbe essere visto come un difetto, per noi non lo è, anche perchè bisognerebbe iniziare a scindere il computo quantitativo, da quello effettivo di divertimento: se un titolo che dura 70 ore ti offre 10 ore di diletto reale ci sembra quasi scontato dire che sia quantomeno dispersivo.
Non esistono, o almeno noi non le abbiamo sperimentate, finestre di stanca in Stray, si saprà sempre cosa fare, dove arrivare, con chi conversare, e nel frattempo si potranno osservare le numerose chicche o cameo sparsi negli spazi di gioco, oltre che ammirare la riproduzione grafico-visiva..
La perla, però, dell’opera Blue Twelve, è rappresentata dal Level Design: sviluppato verticalmente, con ambientazioni sempre riuscitissime, complesse, intelligenti, riuscendo nel contempo ad essere anche varie, si passa da sezioni dove il nostro felino dovrà scappare dagli sciami di Zurk, a fasi più Stealth con le sentinelle, fino a scorci più esplorativi dove si riuscirà a sbloccare zone inedite attraverso semplici indizi logici.
Quello che ci ha lasciato quest’ispirata progettazione, oltre al riuscitissimo senso di oppressione, è il desiderio di scoperta, quel moto che ti fa chiedere se riuscirai ad arrivare proprio li e se vi sia qualcosa oltre, esplorando microcosmi evocativi e raffinati in una sinergia snella con il tipo di narrazione, che ha radici profonde nel mistero, nella ricerca e una certa introspezione.
Il mondo di Stray è bloccato in una perenne stasi temporale, quasi si fosse fermato tutto agli anni 90, con abbondante uso di CRT, Desktop con case tipici dell’epoca, una gran quantità di Hardware sparso per le stanze, antenne paraboliche e una presenza estensiva di motori di climatizzatori, oltre l’uso di Neon per compensare la mancanza di luce, quasi che le intelligenze robotiche siano consolate dalla luminosità artificiale.
Un altro elemento da menzionare sono le animazioni che il nostro micetto mostrerà e la fluidità con la quale interagisce con l’ambiente: la scelta progettuale è stata chiara, guidata anche in questo aspetto da esigenze di gameplay, piuttosto che puntare verso una inverosimile libertà totale (quante volte avete visto un gatto sbagliare un salto?) si è preferito utilizzare il salto automatizzato in cui potrete scegliere solo la direzione, mentre tutto il resto sarà non vincolato.
Per completare l’opera, e come segno di rispetto verso i felini, non mancheranno attività secondarie totalmente ininfluenti, ma utili a farvi sentire proprio come un gatto: parliamo del rifarsi le unghie su tappeti, divani, la possibilità di fare le fusa strofinandosi sulle gambe di molte unità robotiche, di accovacciarsi su cuscini per riposare, o anche solo la schermata di caricamento con quel tipico mormorio gattesco.
Insomma, si nota una chiara e riuscita cura a 360 gradi e un amore per quello che si sta facendo.
ESTETICA FELINA
Sistema Prova |
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Processore: R5 5600X |
Scheda Grafica: RX 6700 XT |
Ram: 16 GB 3200 Mhz |
Archiviazione: SSD 250 GB M” NVME + SSD 500 GB SATA |
Stray è mosso da Unreal Engine 4 ed è forse una delle implementazioni più convincenti che ci sia mai capitato di vedere a livello visivo, anche scomodando alcuni prodotti che si fregiano del supporto a Ray Tracing: utilizzando un’illuminazione precompilata tramite compute e non necessitando di qualcosa di più dinamico mancando di variabilità giorno notte, riesce a restituire scorci che sono certamente più simili a cartoline e pensati per funzionare in quel determinato scenario con quella determinata luminosità, ma il tutto funziona bene se non meglio rispetto ad altri approcci.
Tutto questo, però, come buona parte dei titoli mossi dall’engine di Epic, non ultimo, Star Wars Jedi Fallen Order, provoca un caricamento dovuto alla compilazione degli shaders che fa scattare per qualche secondo e, assolutamente in maniera random, tutta la scena: questo è un difetto che non dipende dall’API (in questo caso DX11) ne dal tipo di GPU o CPU, ma strutturale della parte software (certo con specifiche importanti sarà attenuato).
A livello di performance pure alla risoluzione di 3440×1440 ultra wide (a proposito, supportato perfettamente) al massimo dettaglio la nostra RX 6700 XT di Powercolor (precisamente il modello Red Devil) è riuscita a sviluppare un frame rate medio di circa 90-95 fps,, con punte minori o maggiori a seconda del contesto, ma garantendo una fluidità eccellente (se si escludono gli stutter dovuti all’engine).
Di spessore anche le animazioni, con una nota curiosa: tutta la produzione ha fatto un gran lavoro di armonizzazione dell’engine, poichè Unreal Engine 4.0 è pensato e ottimizzato per personaggi bipedi, e la fluidità con cui il nostro felino interagisce con l’ambiente è dovuto a una rigorosa progettazione che ha curato non solo la naturalezza dei movimenti, ma anche le collisioni con ambienti e altri personaggi.
Per il resto in una sola occasione il nostro randagio si è intrappolato nella scena costringendoci a riavviare un salvataggio, il che è del tutto normale considerando le 10 ore di gameplay, e testimoniando di un codice pulitissimo e curato, probabilmente frutto di un intensa fase di testing, considerando i vari rinvii.
Anche i campionamenti audio, con miagolii convincenti, rumori elettrici ben implementati, e una musica di sottofondo discretamente evocativa, chiudono un quadro, anche in questo caso di spessore, seppur con qualche caviat.
Mi hai fatto venire voglia di giocarci!
😉 grazie
Chissà se mi piacerà questo genere di gioco 🤙
Sicuramente se ami i prodotti story driven te ne innamorerai.
gira su steam deck, ce la mod di garfield. voto diesci
Su steam Deck essendo Unreal Engine 4 ci gira molto bene a dettagli medio alti 😀
l ho apprezzato molto anche io
L’hai finito?
Concordo in pieno, una piccola, grande, perla.