Sistemi di Prova
Partendo da questa base, con setting rigorosamente default e non ottimizzati per non creare discriminanti, abbiamo utilizzato ben 4 CPU AMD serie R5 di prima, seconda, terza e quarta generazione, tutte sotto dissipatore Artic Freezer 34 esport (singola ventola), vediamole ne dettaglio:
RYZEN 5 1600
Prima implementazione dell’architettura Zen, uscita, come abbiamo detto, il 2 marzo 2017, ma i cui primi vagiti progettuali risalgono addirittura al 2012, con l’assunzione di Jim Keller da parte di AMD, rispetto a Vishera e tutti i processori FX è uno step in avanti poderoso, a partire dalla Branch Prediction con la possibilità di stimare il 75% delle istruzioni in più e il 50% in execution, per un IPC migliorato del 52%, superiore anche delle stesse previsioni AMD (che nelle slide parlava di un 40%).
Il processo produttivo scelto dalla casa di Sunnyvale è stato il 14nm GlobalFoundries, anche qui uno step importante dai 32nm SOI.
L’architettura Zen introduce diversi fondamenti nuovi che poi abbiamo saputo col tempo apprezzare e sfruttare: un concetto di chiplet con 2 “gruppi” chiamati CCX, entrambi con 4 cores con 8MB di L3 condivisa per CCX e 512 KB per core, tutti gestibili singolarmente e disabilitabili liberamente, i due CCX sono connessi da Infinity Fabric, che sarà direttamente influenzato dalla frequenza Ram.
Il nostro sample sarà configurato in specifica, quindi con un boost clock fino a 3.6 Ghz e memorie a 2667 Mhz.
RYZEN 5 2600
Un anno dopo il lancio, o meglio il debutto dell’architettura Zen, AMD ha deciso di presentare Zen+, un aggiornamento ai 12nm GlobalFoundries di quello che si era visto sui 14nm, a memoria una delle prime volte in cui AMD riuscì a superare Intel nella corsa alla miniaturizzazione (essendo la stessa restata per molto tempo sui 14nm).
Zen+ è sostanzialmente Zen con più margini di frequenza, anche se AMD affermava un uplift dell’IPC del 3% per ottimizzazioni interne, con una rivisitazione di tutte le latenze di tutti i livelli di cache, e un upgrade delle specifiche ram a 2933 MT/s, rispetto ai 2667 MT/s della generazione precedente, oltre che circa 300 mhz medi di margine in frequenze massime, in parte dovuto a una migliore implementazione di Precision Boost.
A livello architetturale, però, nulla è cambiato.
Il nostro sample sarà configurato in specifica, quindi con un boost clock fino a 3.9 Ghz e memorie a 2993 Mhz.
Dai test di AIDA 64 la latenza della cache risulta, per noi, migliorata del 16% per le ram, 10% per L1, del 54% in L2 e del 27% in L3, quindi risultati molto più convincenti rispetto a quello prospettato da AMD stessa.
RYZEN 5 3600
Il 07/07/2019, una data non scelta a caso, debuttavano in contemporanea con le GPU i primi processori AMD a 7nm potenziati con la nuovissima architettura Zen2, che a differenza di Zen+ è stato un vero e proprio salto e ripensamento del progetto Zen.
Per la seconda volta nella storia, dopo le gloriose CPU Athlon che se la giocarono con i fallimentare Pentium 4 (e in parte 3), AMD si riprende lo scettro ambito dell’IPC, superando il concorrente Intel Coffee Lake, un traguardo che fino a pochi anni prima era totalmente impensabile e impronosticabile: l’offerta AMD era sempre rivolta a uno spiccato Multithreading, sperando che la componente software maturasse per valorizzare le sue soluzioni, ma con queste cpu riesce a offrire un prodotto superiore praticamente in tutto.
Zen2 è un profondo ripensamento e ottimizzazione di quanto visto precedentemente, a livello di Fetch si è passati a un modello TAGE in grado di meglio stimare i carichi CPU con un 30% in meno di errori predittivi, maggiore capacità a tutti i livelli, L0, L1 e L2 (raddoppiando in numero di chiamate), in Decode ora è in grado di elaborare fino a 4000 istruzioni per clock, mentre le unità di calcolo Integer e Float constano aumenti incrementali di circa il 7% per i primi, mentre il supporto alle istruzioni AVX 256 per le unità in virgola mobile e una minore latenza conseguente.
A livello di topologia si è passati a un modello che consta fino a 2 CCD a 7nm che hanno all’interno due CCX che a loro volta offrono fino a 4 cores e 8 Threads, ma in questa architettura la cache L3 è passata dai precedenti 8 MB a 16 MB, per configurazioni quindi che possono supportare fino a 16 cores dotati di 64 MB di L3.
Si nota in questo caso bene il concetto poi ripreso di Chiplet AMD: il modulo I/O, infatti, ha un processo produttivo differente a 12 nm GlobalFoundries e include il memory controller (con supporto nativo a DDR4 3200 Mhz), 24 linee Pci-e 4 (introdotto per la prima volta), e il supporto SATA e USB.
Per la verità di Zen 2 uscì anche una sorta di Revision chiamata XT, che attraverso una selezione più accurata dei sample offriva qualche Mhz in più e un supporto ram più tollerante.
Il nostro sample è stato provato in specifica, con boost clock di 4200 Mhz e ram a 3200 Mhz.
RYZEN 5600X
L’ultimo processore del gruppo AM4 testato è stato R5 5600X, potenziato dall’architettura Zen 3, un altro step poderoso in avanti con un IPC stimato maggiore di ben il 19% rispetto a Zen2: lanciati il 5 novembre 2020, la serie 5000 come tutte le componenti elettroniche di quel periodo, fu penalizzata dalla carenza di silicio e da grossi problemi di approvvigionamento, che, come in ogni mercato dove vi sia tanta richiesta e poca offerta, portò a una speculazione enorme (tanto che un Ryzen 5 5600X lo si trovava anche a 500 euro inizialmente, se lo si trovava).
Zen 3 nasce su una versione ottimizzata dei 7nm TSMC e porta a compimento un processo di razionalizzazione e ottimizzazione della piattaforma, specificatamente in ambito gaming viste le sorprendenti latenze intracores, senza abbandonare una spinta al MT che è sempre stato nel DNA di AMD.
Dopo essere passati a TAGE con ZEN2 la Branch Prediction ha fatto ulteriori passi in avanti, specificatamente nel recupero della pipeline di calcolo in caso di predizione errata, ma come in ogni evoluzione abbiamo un aumentato numero di chiamate che passano a 1024 in L1 e una leggera diminuzione in L2 (da 7K a 6,5K), ma compensate dal 50% in più di indirect target array che arrivano a 1,5K, il tutto condito da una minore latenza.
L’engine di calcolo INT e FP ovviamente hanno beneficiato di diverse migliorie sia nella velocità che nell’ampiezza (con uno scheduler passato a 96 entrate e il registro a 196) ma particolare riguardo è stato dato alla velocità con cui i dati vengono comunicati tra i vari componenti: tutto questo ha portato a un aumento dichiarato di IPC del 19% in generale, ma che risulta molto più abbondante in gaming.
A livello di topologia è proseguita la razionalizzazione, ora ogni CCD consta di un solo CCX, unificato, da 8 cores con 32 MB di cache L3, al posto dei 2 CCX con cache dedicata da 16 MB di Zen2: avere un solo grosso CCX dentro il singolo CCD abbassa le latenze e il numero di chiamate e comunicazioni col chip a 12nm IOD in maniera significativa, e rende l’architettura AMD decisamente più elegante.
Il nostro sample è stato testato a 4600 Mhz (in realtà con un boost effettivo di 4650) con ram in specifica a 3200 Mhz.
Ci tenevo a fare una panoramica del percorso che ha fatto l’architettura Zen, lo ritengo affascinante e si comprende come il progetto si sia evoluto in maniera razionale e modulare, fino ad arrivare a qualcosa che è solo lontano parente della base di partenza, comunque importante per riaffermare la competizione con Intel.