Tchia Review

by Francesco Viscardi
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Sviluppatore:Distributore:Versione testata:Costo:Data rilascio:
AwacebAwacebKepler InteractiveEpic Games29,99 Euro21/03/2023

“Terre de parole, terre de partage”: “terra della parola, terra della condivisione”. È questo il motto della Nuova Caledonia, collettività francese d’oltremare e luogo d’origine dei co-fondatori di Awaceb. In particolare si tratta di un arcipelago fuori dal comune, dotato di una biodiversità strabiliante, molte delle specie che compongono la sua flora e la sua fauna sono endemiche, ossia rinvenibili solo in quella regione, separatosi dal supercontinente Gondwana circa 85 milioni di anni fa.
Da allora l’evoluzione ha percorso strade differenti rispetto a quelle del resto del mondo, e tutt’oggi le isole della Nuova Caledonia sono meta di studiosi e scienziati, oltre che di iniziative mirate a tutelare le particolarissime forme di vita che vivono nell’arcipelago.

Possiamo affermare che anche Tchia abbia un obiettivo molto simile: quello di divulgare la conoscenza della cultura, dei panorami e degli animali umani e non umani che popolano la Nuova Caledonia. La barriera tra specie animali in Tchia è abbattuta dalla meccanica del Salto dell’Anima, caratteristica della protagonista, una ragazzina che scopre di essere dotata di poteri magici che le consentono di “possedere” animali e oggetti che si trovano sulle isole e nell’oceano.


Ciò consente di adottare soluzioni sempre nuove per il movimento in questo open world non vastissimo, ma certamente variegato, creando un vivace sistema sandbox che si rivela molto stimolante, anche se non privo di difetti.


C’ERA UNA VOLTA TCHIA…


Avviando Tchia, il giocatore viene accolto da una nota degli sviluppatori che spiega dove si trova la Nuova Caledonia, come detto in apertura, terra nativa dei co-fondatori di Awaceb, che hanno sviluppato il videogioco come “una sorta di lettera d’amore indirizzata a questo luogo speciale”. Non a caso, nei titoli di coda sono mostrate immagini del viaggio del team in Nuova Caledonia: gli sviluppatori hanno incontrato i musicisti e i doppiatori di Tchia, persone del posto che hanno dato voce e anima ai personaggi e alle loro avventure, e hanno esplorato le spiagge, la barriera corallina, le foreste dell’arcipelago.

A proposito del doppiaggio, la nota preliminare di Awaceb spiega la scelta di effettuarlo soltanto in drehu (una delle lingue parlate dagli indigeni della Nuova Caledonia) e francese, idioma nazionale: si tratta di una direzione presa per motivi culturali, e possiamo affermare che, anche grazie agli eccellenti sottotitoli e alla traduzione in lingua italiana, abbiamo apprezzato e compreso pienamente questa decisione, supportata dall’ottima performance di tutto il cast. Lo stesso vale per i musicisti e i cori dell’isola: l’avventura di Tchia è punteggiata di momenti di intensa emotività, espressa con canzoni e motivi tradizionali, spesso eseguiti in gruppo. La possibilità di partecipare suonando l’ukulele, ma anche nacchere e foglie di felce secche, è graditissima, anche se del tutto opzionale.

Se si vuole vivere il momento senza pensare ad andare a tempo, infatti, si può premere un apposito tasto, rilassarsi e non occuparsi dell’esecuzione musicale. La nota degli sviluppatori conclude precisando che Tchia è un gioco di fantasia, e molti nomi e dettagli culturali sono stati modificati in segno di rispetto.
Fortunatamente, non è il caso delle forme di vita animale e vegetale che si possono ammirare nell’arcipelago di Awaceb, ispirato non soltanto alle isole della Nuova Caledonia, ma anche, e soprattutto, agli esseri viventi che le abitano, sopra e sotto la superficie dell’oceano. Come accennavamo in apertura, il potere più caratteristico di Tchia è quello del Salto dell’Anima, che permette alla ragazzina di assumere il controllo di animali e oggetti. Molti animali sono dotati di abilità particolari: ad esempio, il kagou (uccello endemico della Nuova Caledonia e purtroppo a rischio d’estinzione) riesce ad abbaiare come un cane; i gatti, invece, sono dotati della capacità di vedere al buio. Non sempre queste caratteristiche hanno un impatto significativo sul gameplay, ma di certo contribuiscono a creare varietà e opportunità di vestire i panni di esseri che solitamente passano inosservati.

L’avventura si apre con il racconto di un’anziana a un gruppo di bambini: la donna narra la storia della nostra Tchia, iniziando dal giorno in cui suo padre Joxu le regala una fionda e un aliante con cui planare. Questi saranno due strumenti fondamentali nel percorso della ragazzina, che vive momenti di iniziale spensieratezza suonando e cantando col papà e con Tre, l’amico che porta loro le provviste su Uma, l’isolotto sperduto nell’arcipelago su cui vivono Joxu e Tchia. L’incanto è presto spezzato dal misterioso Pwi Dua, uno stregone che, con l’aiuto di due manichini animati fatti di stoffa, rapisce il papà di Tchia, con cui sembra aver avuto dei trascorsi. Disperata, la ragazzina scopre di avere il potere di entrare in animali e oggetti: posseduto il machete brandito dal malvagio Pwi Dua, lo ferisce al volto, per poi venire gettata in mare dallo stregone inferocito. Risvegliatasi nell’accampamento di Tre, Tchia parte la mattina dopo alla ricerca di suo padre, attraversando l’oceano sulla barca regalatale proprio dal fido Tre.

Pur in questo contesto concitato, una parola viene spesso ripetuta e spicca rispetto alle altre, rivelandosi il vero e proprio leitmotiv di Tchia: “oléti”, “grazie” in lingua drehu. Tchia è una storia di gratitudine e di apertura, di condivisione (quel “partage” di cui parla il motto della Nuova Caledonia) e di scoperta di sé. Awaceb spesso non va a fondo nei tormenti di Tchia e dei suoi comprimari, colpiti più volte nell’avventura da perdite e sofferenza, ma tratteggia una trama semplice, non priva di sorprese, e capace di condurre per mano il giocatore in ciò che per il team è più importante: la scoperta dei valori, dei panorami, degli ecosistemi della Nuova Caledonia. In questo senso, l’obiettivo può dirsi pienamente centrato: in tutte le dieci ore necessarie al completamento dell’avventura, precisiamo che ci siamo concessi più di una digressione prima del finale, dopo il quale si può riprendere l’esplorazione, in maniera elegantemente giustificata dal punto di vista narrativo, siamo sempre rimasti stupiti dall’ambientazione e dai suoi colori, dall’alternarsi del giorno e della notte, dalle nuvole colorate che emergono dietro le montagne delle isole. In altre parole, Tchia è un trionfo di bellezza ed è impossibile non restare rapiti dall’incantesimo dell’arcipelago di Awaceb, anche grazie alle particolari meccaniche messe in campo dagli sviluppatori per garantire un’esplorazione viva e partecipata.


NEI PANNI DEL KAGOU.


Si sa, l’eterocromia oculare indica spesso, nel mondo videoludico, la presenza di poteri magici nel nostro protagonista. Tchia ha un occhio marrone e uno verde, e nelle prime battute dell’avventura scopriamo con lei che quest’ultimo le garantisce la possibilità di compiere il Salto dell’Anima, ossia assumere il controllo di oggetti o animali presenti nei paraggi fino allo svuotamento dell’Indicatore Anima. Sono oltre trenta gli animali controllabili da Tchia: si va dagli uccelli (come il già citato kagou o l’intelligentissimo corvo della Nuova Caledonia), ai rettili (il geco gigante), ai mammiferi (la volpe volante), ai pesci (tra cui il maestoso pesce Napoleone).

A questi si aggiungono numerosi oggetti, dalle lampade ai sassi, in cui Tchia può entrare, muovendosi nell’ambiente e interagendo con questo e con i nemici in vari modi: controllando un oggetto si può mirare e lanciarlo, abbandonandone il possesso e poi, volendo, riassumendone di nuovo il controllo, compiendo spettacolari acrobazie aeree e coprendo grandi distanze in pochissimo tempo. È anche possibile spostarsi facendo ondeggiare le cime di alberi e palme e così volteggiando in giro per le isole, tutte brillantemente caratterizzate, con la presenza di variegati biomi (mangrovie, foreste, prati…).

L’Indicatore Anima può essere potenziato affrontando le sfide dei Santuari del Totem, le cui porte si aprono solo portando un totem intagliato nel modo richiesto, e mangiando i Frutti dell’Anima contenuti al loro interno. Si tratta di una delle tante attività che animano Tchia e che sono basate sulle tradizioni della Nuova Caledonia: abbiamo già parlato della possibilità di suonare strumenti come l’ukulele (nostro inseparabile compagno di viaggio), ma non mancano altre occupazioni, come il bilanciamento delle rocce, finalizzato a sbloccare nuove melodie che garantiscono a Tchia abilità speciali. Al riguardo, dobbiamo constatare come la possibilità di evocare gli uccelli grazie al nostro ukulele comporti una fortissima facilitazione dell’esplorazione, indubbiamente semplificata (e, nel caso delle fortezze nemiche, banalizzata) dalla possibilità di librarsi in volo in qualsiasi momento, salvo un breve tempo di ricaricamento per la relativa abilità.

Una scelta molto forte fatta da Awaceb è quella di non indicare sulla mappa la posizione di Tchia: è visibile la collocazione (e il movimento in mare) della barca, ma non vi è un segnalino che evidenzi il luogo esatto in cui si trova la protagonista. La mappa può essere richiamata in qualsiasi momento nella parte in basso a sinistra dello schermo, oppure ci si può avvalere della bussola; premendo un tasto, Tchia farà un breve commento sui paraggi (ad esempio “il villaggio di Tingeling non è lontano”) e verrà cerchiata un’area piuttosto ampia sulla mappa, per darci un indizio a grandi linee sul luogo in cui ci troviamo. Questo sistema lascia confusi sulle prime, ma lo abbiamo amato dopo qualche ora di gioco: basta tenere aperta la mappa e guardarsi intorno per imparare a orientarsi, divertendosi a individuare punti di riferimento e luoghi d’interesse.

Non c’è dubbio: la parte più debole di tutto Tchia è legata ai combattimenti contro i Maano, i manichini di stoffa incantata controllati da Pwi Dua che punteggiano l’arcipelago con i loro accampamenti e roccaforti. L’obiettivo è sempre lo stesso: quello di dar loro fuoco usando lanterne, pezzi di legno o assumendo il controllo dei Mwaken, antichi spiriti che di solito non interagiscono con gli umani, ma che garantiscono il loro supporto incondizionato a Tchia, e che hanno la capacità di lanciare proiettili esplosivi. Tchia acquisisce la capacità di evocare un Mwaken con una delle melodie dell’ukulele, ma le scarse capacità di movimento del Mwaken lo rendono utile soltanto in contesti dalle dimensioni contenute.
L’avventura è suddivisa in capitoli, e a un certo punto ci si ritrova ad affrontare tre grandi fortezze controllate dai Maano in rapida successione. È probabile che le differenti capacità esplorative garantite dal Salto dell’Anima abbiano generato in Awaceb una certa confusione e difficoltà nel design delle strutture, che risultano sviluppate in maniera poco organica, con ampie sezioni prive di strumenti per attaccare i Maano che presto ci circonderanno da tutti i lati.

Non vi sono vere e proprie opzioni stealth, anche se controllare una locusta può essere un’ottima opzione per passare relativamente inosservati, e con livelli bassi di resistenza si può avere difficoltà a gestire le orde di Maano che gettano su Tchia le loro stoffe, minacciando di soffocarla. Queste sezioni, se parte dell’avventura principale, possono essere saltate con un’apposita opzione del menu, ma è senz’altro un peccato constatare come siano state gestite in maniera tutto sommato maldestra e poco divertente.

Distruggere i cumuli di stoffe da cui originano i Maano fa scoprire degli scrigni che contengono cosmetici per Tchia e per la personalizzazione della barca. La varietà di magliette, vestiti, gonne, armature, acconciature e gioielli con cui adornare Tchia è semplicemente immensa, e gli scrigni possono essere reperiti in vari luoghi del mondo di gioco, non soltanto negli accampamenti dei Maano; pur non offrendo potenziamenti, sono comunque un’aggiunta capace di invitare all’esplorazione attenta del mondo di gioco, sopra e sotto l’oceano blu di questa Nuova Caledonia videoludica, che richiede più o meno venti ore per svelare tutti i suoi segreti al giocatore.


BELLEZZA E GIOCOSITA’.


Sistema Prova
Processore: I9 13900K – 5800 Mhz
Scheda Grafica: Asus ROG Strix 4090 OC
Ram: GSKIL DDR5 Trident Z5 – 6600 Mhz
Archiviazione: Samsung 990 PRO – 1 TB

Awaceb è stata capace di creare un’ambientazione tropicale che cattura per bellezza e giocosità, basata com’è su una fisica abbastanza realistica e su meccaniche sandbox davvero stimolanti, un po’ come avvenuto per The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Tchia spicca per i colori straordinari dell’arcipelago: il rosa intensissimo di albe e tramonti, l’azzurro del cielo a mezzogiorno, l’oceano color smeraldo e le cangianti barriere coralline che si celano sotto le sua superficie. Nella nostra prova, abbiamo constatato degli occasionali fenomeni di pop-up di alberi, animali e personaggi non giocanti nell’ambientazione, ma nulla di troppo intrusivo o capace di pregiudicare la nostra immersione nel mondo di gioco.

Altri piccoli bug sono stati risolti nell’aggiornamento di lancio, ma non tutto è stato sistemato e si spera che le prossime settimane saranno risolutive.

L’accompagnamento sonoro di Tchia è prevalentemente diegetico e basato sui suoni di uccelli e altri animali della Nuova Caledonia; in alcuni casi entrano in gioco canzoni ispirate alle sonorità tradizionali dell’arcipelago per esaltare i momenti salienti dell’esplorazione. Abbiamo apprezzato molto la colonna sonora di Tchia, nel complesso, per la sua varietà e soprattutto per la capacità di amplificare gli aspetti emotivi della storia, che tocca spesso temi molto delicati.

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