Sviluppatore: | Distributore: | Versione testata: | Costo: | Data rilascio: |
Gametopia | Assemble Entertainment | Steam | 14,99 euro | 14/08/2023 |
Letteratura e videogiochi rappresentano costantemente un connubio interessante, spesso ispirandosi vicendevolmente: sono stati sviluppati videogiochi tratti da alcuni romanzi, così come certi arrivi in libreria hanno sfruttato il lustro dovuto al successo di un prodotto ludico.
E’ fin troppo facile citare i vari Metro di Dmitrij Gluchovskij, o The Witcher di Andrzej Sapkowski che nel 1985 scrisse “Lo Strigo” portando la casa polacca CD Project a pensare a un videogioco che ne potesse narrare le gesta, ma è anche fresca tutta la narrativa Lovercraftiana che per osmosi ha contagiato una miriade di prodotti Horror (tra cui il più celebre Call of Cthulhu) o, al contrario, le vicende di Altair di Assassin’s Creed che sono state trasformate in letteratura da Oliver Bowden.
Verne: The Shape of Fantasy, il prodotto che analizzeremo in questa review, fa qualcosa di simile agli esempi pocanzi citati, ma nell’esecuzione assolutamente molto distante: si tratta di un omaggio più che alla storia, o a una storia, a un autore, Jules Verne.
Di quest’ultimo non credo vi siano bisogno di spiegazioni o introduzioni, è colui che ha pensato e immaginato in pieno 800 un futuro fatto di mondi nascosti (spesso nei vulcani “Viaggio al centro della terra“), viaggi spaziali “Dalla terra alla Luna“, fintanto al suo più celebre scritto, “20.000 leghe sotto i mari” dove troviamo la figura iconica del comandante Nemo e tecnologie futuristiche per i tempi.
Tutto questo sarà inserito in The Shape Of Fantasy, creando un mondo autorale e letterario, mischiando molte delle sue opere inserite in un grammatica atta a valorizzare la figura dello stesso: una soluzione che abbiamo già visto in The Franz Kafka Videogame, con risultati non proprio entusiasmanti.
HEMERA ORBIS
Siamo a Hemera, una dimensione simile ma diversa del nostro universo, frutto dell’immaginario e della fantasia di Verne stesso, che interpreteremo nel gioco: in questo mondo alternativo “The Nation“, un gruppo di potere che i più storici tra di noi definirebbero come prevaricante, tenta di unificare sotto un regime di terrore e autoritarismo tutto il pianeta, guidato da una figura iconica detta The Raven, nomignolo affibbiatoli a causa della maschera da corvo che porta costantemente sul grugno per nascondere un viso sfigurato .
Vi è però un manipolo di ribelli tra cui il capitano Nemo, noi medesimi e altri figuri reclutati in diversi luoghi esotici del globo e c’è il sommergibile Nautilus, nostra base operativa e fulcro della resistenza.
Tutto questo compone il variegato enclave di antagonisti, dediti alla scienza (c’è chi nel frattempo cerca con delle alghe la cura al colera) e alla tecnologia, con meraviglie in grado di purificare l’aria e consentire al sommergibile Nautilus di non riemergere più, così come tecniche di alimentazione inedite e frutto di gelosie da parte del gruppo The Nation.
Girando per il mondo nel tentativo di fare nuovi proseliti e contrastare un futuro dispotico e oppressivo ci imbattiamo in un artefatto, “Il compasso del Destino” che ci potrà dare accesso alle “Fiamme di Efesto“, in grado, quest’ultime, di controllare spazio e tempo, oltre che fonte di energia primaria dell’antica e scomparsa civiltà atlantidea: questo sarà il moto propulsivo di tutta la vicenda, visto che tale potere sembra in grado di dare nuova speranza così come consentire di istituire un regime incontrastabile di suprematisti.
Personalmente ho trovato il comparto narrativo introduttivo poco stimolante, molto didascalico, mi è sembrato quasi si tentasse di “evocare” elementi alla Fate Of Atlantis mischiati a qualche scenografico richiamo alla letteratura di Verne, componendo un miscuglio di elementi e input, tutti abbastanza scontati e spesso noiosi.
PIU’ NARRATIVO CHE GIOCABILE
Se la narrazione nasconde qualche evidente limite di personalità, a livello di gameplay tocchiamo forse il punto più dolente della vicenda (termine non usato a caso): il level design, evidentemente bidimensionale (non solo nella resa grafica, ma anche concettualmente), si limita a farci gironzolare sul nautilus (e altri scenari similari nelle dinamiche) attraverso scale, un ascensore, con quest, se possiamo definirle tali, che gridano vendetta per la loro banalità e sub quest assolutamente inconsistenti, tutte uguali, in cui il nostro unico scopo sarà quello di cercare scritti nella mappa e cliccare il tasto E.
Un scenario abbastanza avvilente.
Vi sono però 3 distinte sezioni che si differenziano, quella Stealth, in cui dovremo trovare il ritmo giusto per non farci scovare dai nemici, che aggiungo quantomeno un “minimo” di sfida e quelle QTE (Quick Time Event) che devo ancora capacitarmi sul perchè siano state inserite.
Si tratta di schiacciare in sequenze suggerite i tasti WASD, se si sbaglia si riinizia dal principio finche non si riesce a superarle, non vi è nessun pathos e nessuna “punizione” ludica se si sbaglia, il che le rende sostanzialmente solo antipatiche.
Indubbiamente però è la terza quella più interessante: attraverso l’uso di un artefatto atlantideo chiamato IMAG sarà possibile modificare il tempo e fare piccoli salti cronologici per riuscire attraverso un approccio simil Braid a superare certe situazioni, il problema di questa dinamica viene sfruttata abbastanza poco.
Riuscita meglio, invece, l’interazione con i personaggi, con storie personali interessanti e approfondimenti che ho letto con piacere, oltre che ogni tanto anche qualche dialogo a scelta multipla per personalizzare la nostra interazione, senza contare i commenti che Verne esplicita in alcune sezioni che rimandano a parte della sua bibliografia.
Quest’ultimo aspetto è inserito prepotentemente, troverete accenni a “Cinque settimane in pallone” così come i contrasti con il suo autore Hetzel, il già citato 20.000 Leghe sotto i Mari (ovviamente), ma come spesso succede senza grande logica.
Mi è sembrato quasi comico trovarmi in un scenario che descriveva un naufragio l’elefante di “Il Giro del mondo in 80 giorni”, o altre opere o segni di scritti in luoghi che mi hanno restituito l’idea che bisognasse per forza sviluppare un certo tipo di bibliografia.
E’ lo stesso errore di base visto in The Franz Kafka Videogame.
Anche l‘inventario è quasi puramente di facciata, in solo un’occasione mi è capitato di avere almeno 4 oggetti nello stesso, assolutamente non combinabili tra loro e solo in funzione di raccolta, il che conferma una volta di più una struttura che vuole essere più narrativa che ludica.
RETRO’ CON STILE
Sistema Prova |
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Processore: R7 2700U |
Scheda Grafica: RX Vega 10 |
Ram: 16 GB DDR4 2400 Mhz |
Archiviazione: 256 GB SSD |
A me la Pixels Art piace, e in questo caso costituisce uno degli aspetti più convincenti, i personaggi hanno personalità visiva, le ambientazioni ricordano gli adventure anni 90, anche se c’è sempre quel velo di superficialità dovuta ai pochi frames di animazione, alla meccanica molto rigida delle transazioni, ma tutto sommato è un aspetto che non mi sento di criticare.
Certo deve piacere lo stile retrò, è logico, e ovviamente, non sto nemmeno a ribadirlo le performance sono perfette, senza bug di sorta.
Il sonoro sia nei dialoghi ben interpretati (solo inglese sia scritto che parlato) che nel classicismo di Mozart e JS Bach, è veramente perfetto per questo tipo di narrazione ed è quello che ti aspetti di sentire dell’organo del Nautilus.