Sviluppatore: | Distributore: | Versione testata: | Costo: | Data rilascio: |
Team WIBY | Devolver Digital | Steam | TBA | TBA |
Tra tutte le culture dell’antichità, quelle che sicuramente hanno catturato l’attenzione del pubblico e avuto grande spazio all’interno dei media di vario genere sono certamente quelle precolombiane: sebbene non particolarmente distanti a livello geografico (soprattutto, a livello produttivo, da un punto di vista americanocentrico), la loro scomparsa improvvisa ha lasciato un certo interesse e la loro quasi ininfluenza sulla cultura contemporanea – accompagnata tutt’oggi da una lacuna conoscitiva che non rende merito a queste grandi civiltà del passato – fa sì che attorno ad esse aleggi un alone di mistero ipnotico, quasi magico, e mescolanze culturali non vengono spesso percepite e licenze artistiche sempre perdonate. Non è quindi un caso che il precolombiano, o suoi scimmiottamenti, abbia imperniato diversi franchising divenuti leggenda, quali Indiana Jones, Tomb Raider, perfino parte dell’ultima avventura ucraina di Sherlock Holmes (The Devil’s Daughter), imperniando perfino il mondo Disney nelle avventure del ricco anatide di Ducktales.
È da queste premesse che nasce l’immaginario di Phantom Abyss, un gioco in accesso anticipato a partire dal 22 Giugno, creazione del Team WIBY che ha proposto questo particolare multiplayer asincrono.
Only One Person In The World Will Beat This Temple
All’avvio del gioco ci ritroveremo catapultati – e rinchiusi – all’interno di un grande dungeon, al cospetto di una grande entità che ci richiederà il ritrovamento di reliquie pregne di potere magico per poter ottenere l’energia sufficiente affinchè si possano spezzare le catene invisibili che trattengono entrambi all’interno di quelle secrete; perchè, come e dove non è dato sapere, la trama è assente senza che sia un malus, è solo il giusto pretesto per avviare la nostra corsa verso gli abissi.
Divisi in cinque quadri (di cui solo tre accessibili al momento) per quattro livelli ciascuno, gli abissi saranno di volta in volta diversi, “accompagnati” dalle memorie spettrali degli esploratori caduti nell’oblio prima di noi in quello stesso dungeon; soprattutto nelle prime ore di gioco, osservarli sarà fondamentale per capire cosa fare, come meglio muoversi, ma, soprattutto, cosa non fare per diventare a nostra volta incorporea manifestazione per l’esploratore che si imbatterà casualmente in quello stesso percorso. Prenderemo così confidenza col sistema di gioco, un platforming in POV in cui dovremo saltare, rotolare, schivare e usare la nostra fidata “whip”; sebbene sia traducibile, banalmente, come frusta, questo strumento su cui gira tutto il gameplay è in vero un rampino che ci renderà capaci di prodezze al limite del sovrannaturale, per un parkour estremo in quelle secrete dimenticate, unica fonte di salvezza tra baratri senza fondo, piattaforme semoventi, guglie e frecce che interromperanno il nostro cammino. Dove altrove il tasto corsa è consigliato, qui è obbligatorio: la curva di apprendimento sarà quindi lunga e non sempre facile, il gioco si muove su un binario ad alta velocità in cui dovremo essere capaci di puntare il rampino sempre nel punto giusto e con la tempistica perfetta, il tutto acuito dal fatto che riprovare significherà però ritentare con un percorso diverso, ricominciando alla cieca.
Proceduralità e difficoltà
Collocato forse impropriamente come roguelike per via della mancanza di una componente action, il gioco è definito procedurale per, come detto, gli abissi che saranno di volta in volta diversi: solo quando un giocatore riuscirà a completarne uno, questo svanirà per sempre, una sorta di vittoria morale che, specie le prime volte, darà certamente un senso di gratificazione nell’essere “the only one”. La proceduralità è però solo apparente, o comunque solo in parte: tentativo dopo tentativo saremo di fronte agli stessi ostacoli e le prove, che alla lunga potranno essere anche centinaia, ci permetteranno di muoverci solo grazie alla memoria meccanica e muscolare.
Trattandosi di un percorso tridimensionale in cui salti e lunghezza del rampino sono calcolate al millimetro, la creazione di un percorso a blocchi creati da mano umana non solo è giustificabile, ma soprattutto necessaria; alla lunga, però, viene meno l’esperienza dell’apparente proceduralità e prende il posto solo una più banale casualità di stanze, non sgradevole, ma alla lunga non completamente appagante: siamo lontani dalle “illimitate variabili per infiniti templi unici” promesseci.
Potenziamento e avanzamento
Trattandosi di una semplice preview in vista di un’uscita dalla scadenza ancora da definire, dove per altri una prova rapida e sommaria in aggiunta alla visione dei trailer ufficiali sarebbe stata sufficiente per decretare pollice verso o recto (magari seguendo semplicemente il trend e non l’obbiettività), in questa sede noi non daremo nè l’uno nè l’altro – come nostra abitudine – e al flame dell’utenza abbiamo preferito l’onestà intellettuale, prendendoci le ore necessarie a “capire” veramente il gioco. Purtroppo, per adesso, il tutto pecca di un forte sbilanciamento: durante il nostro percorso troveremo forzieri contenenti monete e le più necessarie chiavi, utili a migliorare la nostra frusta-rampino. Ma la ricerca delle stanze sarà da subito ostacolata sia dai nostri mezzi limitati (standard whip) e dalla nostra ancora poca abilità nella suddetta curva di apprendimento (chi legge avrà sicuramente una manualità diversa da chi scrive, perciò non azzarderemo un tempo quantificato, limitandoci a dire che ci vorrà comunque un tempo non indifferente), il tutto in una feroce corsa al tempo quando già dal secondo livello il Guardiano non avrà pietà di noi e spesso non dandoci il tempo necessario neanche per le casse a portata di mano.
Nonostante ripetuto fin troppe volte il primo abisso, le chiavi in nostro possesso potrebbero non essere più sufficienti per reclamare il rampino che, già potenziato è stato perso alla prima rovinosa morte. Eppure, sbloccata la frusta con il super-salto, ogni stanza non avrà più nessun impedimento per il suo accesso, chiavi e monete diverranno ora fin troppo comuni, ottenendo così dalle statue votive (blessing shrine) poteri quali il doppio salto, la caduta rallentata e uno scudiscio più lungo e veloce che ci permetteranno di rimanere pressocchè in eterno librare, vanificando tutto lo studio di padronanza nel platforming. Un ribaltamento della difficoltà al limite del paradosso nel mondo del nostro medium: speriamo che il tutto venga ribilanciato in corso d’opera e che gli abissi successivi non si differenzino solo per una questione cosmetica, con tinte calde per il fulgore della lava o l’azzurrastro della caverna con i suoi
Considerazioni
Phantom Abyss è un gioco senza orpelli per chi cerca la sfida nuda e cruda, punitivo per molto tempo, punitivo come i vecchi giochi delle andate sale giochi: benchè multiplayer, come nei vecchi cabinati, la soddisfazione di battere amici o sconosciuti in asincrono è alla pari di salvare in classifica le prime tre lettere del proprio nome. La sfida è prima di tutto verso se stessi.