Lost in Play Review

by Patrick Grioni
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Sviluppatore:Distributore:Versione testata:Costo:Data rilascio:
Happy Juice GamesJoystick VenturesSteam19,99 euro10/08/2022

Con il termine avventura grafica si va a definire un genere senza dei confini precisi, si può sfociare in prodotti dall’anima più dinamica e meno riflessiva, per toccare invece titoli dove la sfida è incastonata in enigmi di una certa complessità.

Lost in Play, opera prima del gruppo Happy Juice Games, vuole essere una scanzonata metafora dell’immaginario infantile, dove ogni piccolo scherzo, conquista o novità viene interpretata da una fervida immaginazione che trasforma il tutto in avventure fantastiche e mondi immaginari.

Non a caso anche il mitologico Shigeru Miyamoto concepì l’universo di Mario, e buona parte dell’identità Nintendo, ricordandosi come un semplice prato da bambino potesse diventare terreno di indimenticabili peripezie fantasiose.

Allo stesso modo, Lost in Play (persi nel gioco), racconta la stessa magia, volendo essere un po’ avventura grafica fluida e dinamica e molto cartone animato, aggiungendo una base di comicità spesso irresistibile che prelude a una formula assolutamente vincente, vediamo insieme se sarà effettivamente tale.


FANTASIE FAMILIARI


Interpreteremo, a seconda dello scenario, una bambina di circa 8 anni e suo fratello (ma anche, a un certo punto, un pollo), personaggi che riconosceremo solo visivamente non avendo propriamente un nome, essendo tutti i dialoghi concepiti in un linguaggio metasemantico delizioso, parte anch’esso della verve comica, e ci troveremo in situazioni molto comuni, come svegliare nostro fratello dormiglione, catturare la sua attenzione persa dentro un Gameboy o, semplicemente, tornare a casa.

Dentro questi semplici elementi ricameremo i nostri viaggi fantasiosi, che ci porteranno a un convivio di personaggi fantastici (in stile Alice nel paese delle meraviglie), o ad aiutare una rivolta di Goblin per recuperare nostra sorella rapita, o ancora a navigare in acque malsane e dialogare con un capitano gabbiano e il suo compare tricheco per chiedere consiglio visto che nostro fratello è appena stato fagocitato da un gigantesco pesce.


METASEMANTICA

La metasemantica, nell’accezione proposta dal Maraini, va oltre il significato delle parole e consiste nell’utilizzo di parole prive di significato, ma dal suono familiare alla lingua a cui appartiene il testo stesso e di cui deve seguire le regole sintattiche e grammaticali.


Ci sono ben 15 scenari diversi nel corso dell’avventura, e ognuno è caratterizzato da situazioni imprevedibili, comicità e buon gusto: si tratta di una sorta di viaggio, similare a quello di Brothers A Tale of Two Sons, ma vissuto quasi completamente nell’immaginario, con brevissimi excursus nel mondo reale.

Il confronto tra le due realtà ci lascerà il segno di quanto sia potente l’immaginazione: una maschera spaventosa, diventerà un famelico mostro cornuto gigantesco da cui dovremo fuggire, elementi come le foto di casa, l’orologio, perfino nostro padre, o il cane e il gatto, avranno tutti un ruolo espanso, fantastico, per certi aspetti diverso, ma che si congiunge perfettamente per espandere la banalità del quotidiano.

Insomma, a livello narrrativo Lost in Play riesce a conferirci una sensazione di immaginario infantile riuscitissima, e di una piacevole leggerezza.


PIU FLUIDITA’ CHE SFIDA


Lost in Play non è un gioco difficile, soprattutto per i più navigati giocatori di avventure grafiche, si ha sempre chiaro cosa bisogna fare e gli intrecci sono decisamente modesti, con un inventario che al massimo si riempirà di 4-5 elementi, fattore che da solo da il metro di una sofisticazione non eccessiva.

Ma oltre agli enigmi più classici, il titolo è infarcito di minigiochi, non impossibili, ma a volte nemmeno tanto banali, e qualche grattacapo lo riservano, anche in questo caso niente di impossibile da risolvere, ma tra una combinazione di pecore che devono raggiungere spazi specifici, o una reinterpretazione della dama, o il gioco dei gamberi che si rifà a forza 4, sarà un po’ come sfogliare le pagine della settimana enigmistica in attesa del nuovo confronto di logica.

Il tutto è chiaramente pensato per favorire una certa fluidità nelle 5-6 ore di durata della nostra avventura, e la combinazione riesce piacevolmente bene, infarcita, come detto, da grande comicità sia nelle espressione che nei movimenti, che nella caratterizzazione dei personaggi: ci si sente risucchiati in un cartone animato decisamente più interattivo, e si viene coccolati da citazioni di altre classiche avventure e da scenari ispiratissimi e vari.


TECNICA


Sistema Prova
Processore: R7 2700U
Scheda Grafica: Vega 10 Mobile
Ram: 16 GB 2400 Mhz
Archiviazione: 250 GB SSD

Sul nostro portatile di prova, dotato di una GPU integrata Vega 10 da 640 sp, alla risoluzione di 1920×1080 ha brillato a 60 fps fissi: si tratta di uno stile cartoon impreziosito da animazioni veramente deliziose, una resa visiva che non ha mai prestato il fianco a criticità ma che sa sia stupire che ammaliare, pur non avendo nulla di tecnicamente encomiabile per i canoni odierni, avidi di Fps e poligoni illuminati da Ray Tracing.

Fa, insomma, quello che deve e lo fa benissimo: a volte c’è quasi stata l’illusione di trovarsi in un laser game anni 90, e potete capire l’importanza e la magia di questo dato: se la funzione della grafica deve essere di stimolare l’illusione di trovarsi altrove, in Lost In Play siamo a livelli sopraffini.

A livello sonoro non delude, con musiche ed effetti sempre puntuali e mai invadenti e una regia ben orchestrata.

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